sabato 1 febbraio 2014

Quello che non posso trascurare (parte 2)

Quello che non posso trascurare è proprio tutto quello che è stato trascurato nel processo di Mr. Massimo Parlanti per l'omicidio volontario - attenzione, si sta parlando di VOLONTARIO assodato, confermato ed aggravato SICURO, mai smentito da nessuno - di mia sorella Beatrice.

Il giudice si è rifiutato di considerare tre/quattro, dico...non una, testimonianze di persone di diverso livello di interessamento, semplicemente citandole, ma non considerandole più, a favore di un ragionamento che è "di solito se si premedita un omicidio, ci si porta un'arma...".

Quindi signori, basta che guardiate le statistiche e sapete già come fare...

Di solito, però - dico io - si esaminano le prove, di solito ci si fanno certe domande, o è più la voglia di "togliersi il dente" e passare la palla, che quella di fare giustizia?
Perchè in giudizio non si è voluto esaminare il telefono di Beatrice?
costava troppo ai contribuenti? ma non era già costato 99 recuperarlo? perchè quell'1 si trasforma in costo inutile?

Perchè se si apprende che ci potrebbero essere delle informazioni in determinati elementi, citati in modo "genuino" (così dice la sentenza), si decide che "non ne vale la pena"?
Non ne vale la pena perchè non è vostra figlia o vostra sorella..
sennò avreste spaccato il mondo in 4 per scoprire tutto quello che era scopribile.

Tanto più che a qualcuno di cui c'è prova - antecedente all'omicidio - che ha fatto certe cose e certe affermazioni, non si è chiesto più niente, per non dargli troppo disturbo.
Affermazioni fatte e poi non riconfermate, ma provate da documenti antefatto.
Allora a chi dobbiamo credere?

Certe affermazioni, unite a tutti gli altri elementi, formano un solido elemento probatorio, o le sentenze si fanno sul "di solito..." 

Di certo Beatrice non la potete scomodare, anzi è stata scomodata fin troppo.

Ma senza leggi, senza cavilli, senza combinati disposti, senza somma di benefici, senza frasi da analizzare al microscopio per vedere se una virgola vuol dire virgola oppure vuol dire punto e virgola...senza elementi che obnubilano il buon senso: quanto pensate - solo col buonsenso - che meriti uno che è APPURATO che ha ucciso volontariamente la sua ex- moglie?

Ma nonostante che sia "come se gli fosse stato dato 27 anni", ma poi ne farà 8 lui fa appello per farne ancora meno...
ma Beatrice può fare appello e provare a tornare in vita fra 10 anni?

Ma se per trovare certi elementi ci sono dei costi, è sufficiente - per legge - attribuirli al colpevole. Una volta appurato e condannato. 
In questo caso: nessun dubbio, nessuno nel modo più assoluto, ma restano molti, moltissimi dubbi sulle versioni che un assassino può dare, a quale numero di versione arriveremo?
E' facile.
Buonismo pericolo.
Buonismo strumentale, che appiattisce tutto: il delitto più riprovevole viene appiattito e diventa comparabile con un reato minore.
Tutto opinabile, tutto discutibile, l'abominio minimizzato, un errore perdonabile amplificato...estremi che si toccano...ed ecco che tutto diventa niente.


Io non capisco, proprio non capisco questo accanimento di benevolenza verso un assassino che ha dimostrato tutta la sua mostruosità ed il suo marciume d'animo, contro il bene degli stessi figli dell'assassino e di Beatrice.
E ancora c'è chi preferisce dedicarsi all'assassino piuttosto che alle vittime...
e ancora, e ancora...

Ma d'altra parte...dove vogliamo andare?
Voglio proprio vedere il supporto che avremo noi dal nostro amato sistema quando questo assassino tornerà a farsi vivo, magari pretendendo...o insinuandosi subdolamente. 
Chi ha una coscienza ha già capito...



1 commento:

  1. Beatrice era ormai lontana mille miglia dallo squallore esistenziale di chi le era stato accanto senza volerle veramente bene, ma anzi dandole sofferenza, nella coltre di egoismo di chi la parola “amore” non sappia davvero cosa significhi.
    Purtroppo non per molto tempo, ma dopo il baratro di buio da cui era riemersa, ha potuto conoscere una vita diversa, ha potuto beneficiare della compagnia e dell’affetto di persone che le hanno restituito la gioia di vivere.
    Molto diversa invece e profondamente turpe l’esistenza di chi, come più volte hai sottolineato, non abbia avuto mai un autentico gesto di pentimento (semmai lo ricorderemo per quel suo ghigno rivoltante) e nonostante tutto, non si sa come, si sia meritato la clemenza di chi l’ha giudicato, per poter avere una seconda possibilità.
    Amareggia moltissimo sapere che poi addirittura abbia fatto persino appello, pur essendo reo confesso.
    Se il pentimento percorre la strada della crisi personale, è molto difficile credere che si sia rimesso in discussione chi, come primo obbiettivo, ricorre al tentativo di ridursi la pena.
    Gli interventi per riportare in società chi ha commesso un errore ma dimostra di essersi pentito dovrebbero esulare dalla considerazione della semplice “buona condotta” , che, come la cronaca ci ha riportato recentemente, non comporta necessariamente una remissione dei comportamenti pericolosi.
    Dimostrare un pentimento, tale da meritarsi un premio, dovrebbe essere qualcosa di assai diverso dal semplice “esser tranquillino” o “non confusionario” ...
    Dovrebbe.

    Un caro saluto.
    Ilaria

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