martedì 30 luglio 2013

Femminicida non è solo chi uccide


Ringrazio l'anonimo che nell'ultimo post ha commentato segnalando un link ad un articolo molto importante, che ripropongo qui sotto:
Repubblica.it -La mia vita prigioniera in fuga dall'amore violento

...nel frattempo l'altro ieri è stata uccisa un'altra donna a Marina di Massa...

In questo articolo si può capire qualcosa della "condanna delle vittime".
Si la condanna delle vittime, che inevitabilmente avviene, soprattutto se non si riesce a fare qualcosa di veramente serio per arrestare definitivamente questi individui.

Voglio prendere come spunto la vicenda di questo articolo per far capire qualche altra cosa che abbiamo capito a nostre spese (anzi a spese di Beatrice) sul femminicidio.
Questo articolo, questa lettera di una persona vera, con una vicenda vera, che sta vivendo una vita vera, fa capire come il femminicida non è solo chi ammazza, ma soprattutto è chi vuole annientare la persona. 
Con qualsiasi mezzo, dai più sottili ed apparentemente trascurabili, ai più violentemente inequivocabili.

L'articolo è importante perchè vi si ritrovano tutti gli elementi classici che preludono all'ormai "solito tragico epilogo" (già queste tre parole mi sembrano un'assurdità per una società civile quale ci vantiamo di essere).

La cosa preoccupante è che non è sempre così ...evidente...

nel caso dell'articolo i segnali sono macroscopici e la difficoltà era quella di "uscire" da un determinato meccanismo: il solito.
In altri casi (come quello di mia sorella) questi segnali non erano così evidenti e non ci saremmo mai nemmeno sognati quello che poteva accadere.
Beatrice non era in condizioni così palesi di costrizione e si sarebbe ribellata a certe limitazioni simili alla reclusione.
Questo non sminuisce minimamente la signora dell'articolo, perché le dinamiche sono sempre molto diverse. E' un fatto, tant'è che da sola ha fatto certe scelte.

Beatrice non ha dovuto rinunciare ai suoi contatti con l'esterno, tant'è che era lei a fissare sempre con parenti ed amici;
Beatrice non aveva rinunciato al suo lavoro, anzi negli ultimi tempi era l'unica a mandare avanti la famiglia nell'attesa che lui trovasse un lavoro... "degno di lui";
Beatrice non era oggetto delle famigerate improbabili gelosie, dietro le quali si nascondono questi inutili individui: anzi è stato Massimo Parlanti - l'assassino - a tradirla e ad ammetterlo con una certa fierezza mista a distacco millantando la semplicità della sua riuscita, proprio con Beatrice (a sottolineare...vedi che grand'uomo che sono?...si, proprio un grand'uomo...)
Beatrice era una donna emancipata, era lei a tenere spesso i contatti con il mondo, ed era lui a scansarlo...ed il mondo scansa altrettanto volentieri lui: quando andavi a trovarli l'accoglienza di lui era decisamente sotto la soglia minima della decenza, anche con i suoi familiari, che denigrava come tutti gli altri anche di fronte a noi.
Interveniva solamente quando c'era da sminuire qualcuno o qualcosa, compresa mia sorella, e spesso - vigliaccamente - lo faceva quando lei cambiava stanza...

Tutto questo per dire che i segnali non sono sempre quelli soliti e macroscopici: la gelosia insensata ed improbabile, il controllo e la costrizione fisica, il divieto di uscire di casa, di frequentare altre persone - soprattutto se uomini - fino all'eliminazione dei numeri di telefono, la violenza fisica, le umiliazioni al limite dello schiavismo, etc...

Per Beatrice tutto questo non c'era in modo evidente, c'erano tanti altri piccoli segnali, più subdoli, che hanno fatto sottovalutare a tutti la situazione, a tutti...probabilmente tranne qualcuno che sapeva e conosceva meglio certi dettagli e certi segnali...

Credo profondamente che se avessimo conosciuto certi segnali, conosciuto certe dinamiche, qualcosa avremmo potuto fare anche se pare se lo fosse messo decisamente in testa e probabilmente Beatrice l'aveva scansata già una volta, senza che nessuno se ne rendesse conto.

I segnali da tenere d'occhio sono molti e molti altri ancora:
- le richieste di rinuncia a qualche piccola libertà, di rinuncia a qualche piccolo pezzo di voi stesse
- la tendenza alla chiusura in un mondo sigillato anche dell'intero nucleo familiare,
- la tendenza strisciante a creare le condizioni per diventare il signore del feudo,
- la tendenza a proporsi come il detentore della verità, sminuendo continuamente gli altri e magnificando la propria inettitudine,
- la sfida continua che mina l'orgoglio, le frasi "vai da mammina", "senza la mamma non sai far niente" o simili.

Tutte quei segnali di incapacità di confrontarsi col mondo, con la vita vera, di soggetti incapaci... anche di sognare.
Attenzione a questi meccanismi che avvengono anche molto lentamente a seguito di un lavoro paziente, meticoloso e continuo.

Adesso ne conosciamo bene i meccanismi ormai e ne abbiamo ampia, amplissima prova.
E se non cambia qualcosa nelle pene più severe, negli strumenti di difesa, questi meccanismi si ripropongono in chi ha visto questo modello come l'ambiente naturale.
Ecco perché vittima non è solo chi ha perso la vita oggi, ma chi crescerà pensando che questo sia normale e chi potrà perderla domani.

Per prima cosa dobbiamo allontanare la mela marcia, infetta. Perché non c'è altro da fare.
Allontanarle dalla società e dalle vittime in vita, altrimenti condanniamo i frutti buoni perché manca il coraggio di essere risoluti, di prendere una decisione...non voglio pensare che manchi la capacità di prendere decisioni.

Poi dobbiamo prenderci cura di coloro che sono stati più vicini a questi frutti marci e malefici. Altrimenti la loro sudicia inettitudine continua a mietere vittime, a contagiare e dilaga.

Dobbiamo fare qualcosa perché femminicida non è solo chi uccide, ma chi con pazienza lavora per annientare una persona.

2 commenti:

  1. È davvero incredibile l’articolo che è stato citato: in esso viene dipinta una realtà decisamente capovolta rispetto a quello che ci si potrebbe aspettare dalle premesse: chi viene ferito e insultato è costretto a vivere prigioniero, sotto stretta sorveglianza, mentre chi ha commesso ripetuti oltraggi è libero di vagare, con il rischio di commetterne ancora..!
    È il prezzo salatissimo che una donna, colpevole solo di essersi innamorata dell’uomo sbagliato, deve pagare per non incorrere in chissà quali conseguenze…. e perché ha avuto il coraggio di denunciare il proprio aguzzino.
    Un po’ di tempo fa ho avuto modo di assistere alla proiezione di un film-documentario, intitolato “Una su tre”, con le straordinarie interpretazioni di Angela Finocchiaro, Ottavia Piccolo e Debora Villa, ben calate nelle storie realmente accadute di donne che hanno subito violenze da parte dei propri compagni.
    Questo film illustra, in modo spietatamente realistico, l’instaurarsi delle dinamiche distorte, di sopruso e sopraffazione, che certi individui esercitano sulle proprie donne, in un gorgo di narcisistica autoaffermazione.
    Da un’attenta e scrupolosa indagine che del triste fenomeno è stata condotta, risulta che oltre il 90% dei casi di maltrattamento domestico non viene mai denunciato.
    E una donna su tre, (da qui il titolo), nell’arco della propria vita, conosce la violenza fisica e/o psicologica da parte del proprio uomo.
    Un altro dato inquietante: la morte per mano dei propri uomini, ( o ex), costituisce ad oggi la prima causa di morte per le donne di età compresa tra 15 e 50 anni circa.
    Molto più di tumori ed incidenti stradali…
    È agghiacciante la visione di questo film, ma ha il merito innegabile di squarciare il velo davanti ad un fenomeno di cui si conosce forse solo la punta dell’iceberg….a parte la lista, quella purtroppo evidente, delle vittime interessate.
    Come dici più volte nei tuoi post, caro Lorenzo, qualcosa deve cambiare….
    Senza dubbio sarebbe auspicabile una maggiore sensibilità generale nei confronti di “ciò che non è proprio”, cioè verso ciò che accade ”al di fuori“ del nostro orticello… a questo proposito mi torna in mente quel caso che citavi tempo fa, di quel bagnante morto in spiaggia con la gente intorno che continuava a giocare spensieratamente….
    Sarebbe importante inoltre la diffusione di una cultura del rispetto verso la figura femminile, che interessi trasversalmente tutti i campi dell’informazione, dai quali invece viene diffuso troppo spesso il modello della donna-oggetto, ovvero “a disposizione”….
    E questa cultura del rispetto dovrebbe interessare prima di tutto le nuove generazioni… cioè gli uomini di domani.
    Un caro saluto.
    Ilaria

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    1. Cara Ilaria ti ringrazio per questo tuo commento molto bello ed anche ben informato.
      Mi ha dato spunto per il proseguo di un ragionamento, che diventava troppo lungo per un commento, quindi rispondo con un nuovo post.
      Grazie davvero per questo ulteriore spunto molto molto importante.
      Bisogna cambiare, perchè il mondo è il nostro e non possiamo aspettare sempre che qualcuno risolva per noi.
      Un carissimo saluto
      Lorenzo

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